venerdì 20 giugno 2014

ESAMI DI MATURITA': UN INCUBO


Disegno di Danilo Paparelli
Che cosa ci faccio qui?
Sono in attesa che consegnino la versione da tradurre dal greco o latino all'italiano. Seduta al banco di terza liceo classico, non sono per niente tranquilla. Non mi ricordo un accidente di greco o di latino, come farò a superare la prova scritta?
Ansia. Vorrei alzarmi e andarmene, ma non ci riesco. Arriva il testo da tradurre. Panico. Non ci capisco niente. Intorno tutti ragazzi che, in tranquillità, iniziano il compito. Io ho questa cosa davanti e non faccio niente.
E soprattutto, cosa ci faccio qui, a dare la maturità, quando sono già laureata da decenni e mi ricordo, seppur vagamente, di aver già passato quest'esame?
Da trent'anni sono seduta al banco del liceo classico Vittorio Alfieri di Torino, e inizio ad essere un po' stufa. Quest'incubo mi sorprende nottetempo periodicamente, senza alcun perché. Non ricordo il mio esame di maturità come un evento particolarmente traumatizzante. Certo, non ero tranquillissima, ma non fu nulla di scioccante. Molto peggio è stato prepararsi per passare alcuni esami all'università, e infatti alcuni di questi sono diventati un'alternativa all'incubo liceale.
Anche per questi, il plot è sempre uguale. Aula di Palazzo Nuovo, in attesa di dare l'esame di diritto privato, di nuovo. Non mi ricordo niente. Che cosa ci faccio qui se sono già laureata da mò.
Del reale esame della mia maturità non mi ricordo praticamente nulla, se non la rabbia di essere stata l'ultima della mattinata, e una degli ultimi in assoluto della mia classe, a passare agli orali. Vedevo tutti gli altri uscire dall'aula sollevati, mentre io ero in preda ad un'ansia che mi divorava. Ma tutto qui. Nessun ansiolitico, forse qualche notte in bianco, ma niente di che.
Però ho un ricordo che fa un po' tenerezza, visti i tempi. La sera prima della prova d'italiano, ci fu una catena telefonica per passarci quelli che potevano essere le tracce più probabili. N.B. Allora non c'erano pc, internet, telefonini, non c'era niente di niente. Solo il vecchio telefono fisso, quello grigio con ruota da infilarci dentro le dita. “Allora: potrebbe esserci questo, quello e quell'altro. A me ha telefonato Tizio, tocca a te sentire Caio”. Di una semplicità disarmante. Da dove arrivassero poi le anticipazioni, lo ignoro. Probabilmente funzionava che qualcuno aveva un parente al ministero e da lì l'informazione prendeva il largo, con il più semplice dei passaparola. Ovviamente le tracce che poi uscirono erano tutt'altro.

Non si può fare a meno dell'esame di maturità. E' probabilmente la vera prima prova che la vita ci mette davanti. E' la capofila delle sfide che ci toccherà, nolenti o volenti, affrontare per riuscire anche a capire fino a che punto riusciamo a poter contare su noi stessi, fino a che punto riusciamo a “tirare” e quando , invece, è meglio mollare e lasciare perdere. Dopo, non sarà più la stessa cosa.

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