Disegno di Danilo Paparelli |
Se solo fosse dipeso da me, sarei stata in acqua ventiquattrore su
ventiquattro. Andare al mare significava “entrarci” proprio nel
mare, nient'altro aveva senso. Non me ne importava niente di giocare
con la sabbia, che essendo una bambina tutta pulitina e schizzinosa,
trovavo sporca e indecente. Il fatto che si appiccicasse dappertutto,
si insinuasse all'interno del costumino, mi dava molto fastidio. Non
li potevo neanche vedere gli altri bambini che si facevano seppellire
nella sabbia o che si rotolavano sul bagnasciuga dove è ancora più
fine e appiccicaticcia.
Invece, non dipendeva da me. Dovevo ubbidire al diktat materno: prima
si digerisce la colazione, poi – ma dopo un bel po' – si fa il
bagno. Così, in media, mi toccava aspettare un periodo eterno, sulle
due o tre ore, a seconda di quello che avevo ingerito. Non tutte le
madri erano così ligie alle tempistiche, ma la gran parte sì. Era
una vera tortura. Vedere l'acqua lì, davanti a me, invitante, meglio
ancora se con il moto ondoso in aumento, era proprio troppo. E mi
annoiavo mortalmente, mentre secchiello e paletta giacevano inanimi,
senza alcuna attrattiva.
Ma non solo colazioni o pranzi inibivano gli allegri sguazzamenti in
acqua. C'erano anche le merende. Poteva trattarsi anche solo di un
gelatino o addirittura di un ghiacciolo, non aveva importanza. Anche
in questo caso, occorreva attendere la digestione completa dei pochi
millilitri di acqua colorata ghiacciata per poter andare a bagnarsi.
A volte c'erano i compromessi. “Sì, è passata quasi un'ora, ti
puoi bagnare fino alle ginocchia...”. Sai che roba! Io ci volevo
entrare tutta in acqua, ficcarci dentro la testa, fino a sparire
completamente, ma non si poteva. Che poi tutti questi bambini che
annegavano perché facevano il bagno subito dopo aver mangiato, non è
che ce ne fossero così tanti. Magari annegavano per altri motivi,
ma certo non perché si erano succhiati un ghiacciolo. Però le madri
iperprotettive, una categoria tipicamente italiana, che è sempre
esistita e sempre ci sarà, erano inflessibili. “Ho detto di no e
piantala di essere noiosa”.
A parte perché non potevo fare il bagno, potevo essere noiosa anche
per altre ragioni. Una di queste poteva essere il costumino da bagno.
Ne avevo uno fatto a mano. Di lana. Ero molto piccola, ma me lo
ricordo ancora, è stata una delle cose che ho più odiato nella mia
vita. Perché dovevo mettere quella cosa lì, che pungeva da asciutto
e pesava un quintale da bagnato? Nel pleistocene, quando avevo
quattro o cinque anni io, si usava confezionare abitini per bambini
in casa, era una cosa piuttosto normale. Ce n'erano altri di bambini che
avevano costumini home-made, credo. Però il mio costumino in lana mi ha
segnato l'infanzia.
Lo sguardo triste, avvilito, sconsolato, che ci si scambiava con
altri bambini costretti ad attendere l'infinito tempo della completa
digestione è rimasto scolpito nei miei ricordi infantili. Però, se
avessi un figlio, gli farei fare il bagno senza aspettare il periodo
canonico ?
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