Disegno di Danilo Paparelli |
Un sabato mattina qualunque. In casa c'è da fare tutto quello che
nella settimana non è stato fatto. Siamo in cucina, e mentre
traffichiamo, accendiamo automaticamente la televisione. E' la fine.
Sta iniziando, infatti, il film “Cameriera bella presenza offresi”,
che non è una pellicola “sexy” anni '70, ma un piccolo
capolavoro del 1951. Gli sceneggiatori, tanto per dire, sono - per
citarne solo alcuni- gente tipo: Federico Fellini, Tullio Pinelli,
Age e Scarpelli, Ruggero Maccari. Gli attori, la créme della créme
del cinema e del teatro italiano del dopoguerra: tutti e tre i
fratelli De Filippo, Vittorio De Sica, nel suo classico ruolo di
attore gigione, Aldo Fabrizi (che per la maggior parte della sua
interpretazione improvvisa magistralmente), Alberto Sordi con il suo
personaggio di scocciatore del compagnuccio della parrocchietta, qui
nell'improbabile divisa da Alpino. E poi ancora, Aroldo Tieri, Gino
Cervi, un giovanissimo Domenico Modugno. Le attrici: la protagonista,
Elsa Merlini, e Giulietta Masina, Delia Scala, Isa Miranda.
Il risultato. Con la lavatrice, già di una certa età, che
centrifugava rumorosamente, panni e stracci per pulire abbandonati
miseramente a terra, mi sono persa per oltre un'ora e mezza davanti
al teleschermo incantata da questa pellicola intrigante. Perché la
meraviglia di un vecchio film, certamente girato con pochi mezzi (si
era nel 1951 infatti, quando la guerra era terminata da pochi anni),
con una sceneggiatura viva, divertente, ed anche intelligente,
sebbene con un linguaggio forse un po' arcaico, è un dono che non ci
può lasciar sfuggire.
Se poi si riflette che la struttura di un film come quello è simile
a quella dei moderni “cinepanettoni”, ovvero tanti personaggi che
si intersecano, con equivoci, momenti divertenti, attimi drammatici,
episodi sentimentali, e si considera la pochezza di questi ultimi,
ebbene, vien da chiedersi se il livello delle pellicole dei giorni
nostri è così basso sia perché è diventato inconsistente il
livello culturale della cosiddetta “gente comune” che va a vedere
quei film.
Le vecchie pellicole, poi, registravano una dignità che oggi è
pressoché scomparsa. Poteva esserci il personaggio di bassa
estrazione sociale, ma non era mai così greve, volgare, con un
linguaggio limitato a pochi vocaboli come capita di vedere oggi. Il
“tamarro” tatuato, tanto per dire, è lo “splendido”
risultato di decine di anni di non- educazione passata, per la
maggior parte, attraverso la visione e gli insegnamenti delle tv
commerciali.
I vecchi film in bianco e nero sono il pezzo forte dei palinsesti
televisivi estivi. Però, trasmessi in orari improbabili. Così,
tante volte è capitato, in vacanza d'agosto, già tutti belli pronti
per andare in spiaggia, con borsone, lettini ed ombrellone in mano,
di bloccarci e fissare imbambolati Jean Gabin, o Ingrid Bergman,
oppure James Stewart, fatalmente attratti dalla magia della vecchia
pellicola, nel suo formato quadrato, con le immagini un po' sfocate,
in bianco e nero e con la vivace e colorata giornata balneare
fatalmente in nostra attesa.
Nessun commento:
Posta un commento