venerdì 30 maggio 2014

PROVA COSTUME

Disegno di Danilo Paparelli
Le nostre nonne – o bisnonne- sì che erano fortunate! Ai tempi loro andare al mare era un evento eccezionale. Chi non era nato in una località marina poteva passare anche l'arco di tutta la vita senza vedere neanche una spiaggia. Già era un gran cosa prendere il sole ai bordi di un fiume. Ma che fosse lago, mare o fiume, le nostre nonne/bisnonne erano comunque vestitissime. Costumi rigorosamente interi, che lasciavano scoperte di poco spalle, braccia, gambe. E a quei tempi, non è che ci facessero molto caso a cuscinetti di adipe sul girovita o alla mostruosa cellulite. Le nostre ave erano bianchicce, ed eventualmente, mollicce, ma non ci pensavano, non gliene importava proprio niente. E facevano bene.
La nostra generazione, fortunata sotto molti aspetti, e disgraziata sotto altri, invece, è riuscita a cercare e trovare problematicità anche là dove proprio non ce ne dovevano essere. Con la “cultura” dell'immagine l'aspetto fisico è diventato una ragione di vita per molte persone. D'inverno l'essere infagottati, da questo punto di vista, aiuta. Per mesi e mesi l'unica parte del corpo visibile è un pezzo di faccia. Però, poi, arriva l'estate, e tutto quello che per mesi e mesi è rimasto nascosto, volenti o nolenti, ci tocca esibirlo. La pelle dell' avanbraccio pendula, ad esempio, può diventare un ostacolo per molte donne ad indossare magliette o vestiti smanicati. In realtà, dovremmo infischiarcene, e vivremmo certamente meglio.
Peggio ancora quando decidiamo di comprare un due pezzi nuovo. Ne vediamo uno carino, che sul manichino pare una meraviglia, ed entriamo nel negozio. Già se chiediamo la taglia che abbiamo sempre indossato, quando la commessa ce la fa vedere sul bancone, sembra minuscola. C'è da dire, infatti, che le taglie dei vestiti di anno in anno mutano, e tendenzialmente rimpiccioliscono.
Così, se nella nostra testa la M doveva andare più che bene, siamo costrette a rimediare una L. Con tale taglia di costume entriamo in cabina, ma nei pochi attimi di tempo che il due pezzi ci ha messo nel tragitto dalle mani della commessa al camerino, si deve essere ulteriormente minimizzato.
Nell'ambiente che di solito misura un metro quadrato e dove non si sa mai dove appoggiare o appendere quello che ci togliamo di dosso, una luce sadica annulla immediatamente l'entusiasmo con cui si era entrati nel negozio. Chili e chili di inutile ciccia trasborda da ogni parte quando si tenta di misurare il costume che nel frattempo è diventato ancora più piccolo. Una ciccia che, peraltro, a casa non ci eravamo accorte di avere.
Come va?” chiede la commessa fuori dal loculo.
Ehm, forse ci vorrebbe una taglia in più...”
Quella è la taglia massima, mi spiace!”
Ok, bene. Anche quest'anno la prova costume si dimostrerà il solito schiaffo al nostro orgoglio di bel donnino. E' d'estate che ci tocca fare i conti con la più dura delle realtà: il tempo che passa.







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