Disegno di Danilo Paparelli |
Le nostre nonne – o bisnonne- sì che erano fortunate! Ai tempi
loro andare al mare era un evento eccezionale. Chi non era nato in
una località marina poteva passare anche l'arco di tutta la vita
senza vedere neanche una spiaggia. Già era un gran cosa prendere il
sole ai bordi di un fiume. Ma che fosse lago, mare o fiume, le nostre
nonne/bisnonne erano comunque vestitissime. Costumi rigorosamente
interi, che lasciavano scoperte di poco spalle, braccia, gambe. E a
quei tempi, non è che ci facessero molto caso a cuscinetti di adipe
sul girovita o alla mostruosa cellulite. Le nostre ave erano
bianchicce, ed eventualmente, mollicce, ma non ci pensavano, non
gliene importava proprio niente. E facevano bene.
La nostra generazione, fortunata sotto molti aspetti, e disgraziata
sotto altri, invece, è riuscita a cercare e trovare problematicità
anche là dove proprio non ce ne dovevano essere. Con la “cultura”
dell'immagine l'aspetto fisico è diventato una ragione di vita per
molte persone. D'inverno l'essere infagottati, da questo punto di
vista, aiuta. Per mesi e mesi l'unica parte del corpo visibile è un
pezzo di faccia. Però, poi, arriva l'estate, e tutto quello che per
mesi e mesi è rimasto nascosto, volenti o nolenti, ci tocca
esibirlo. La pelle dell' avanbraccio pendula, ad esempio, può
diventare un ostacolo per molte donne ad indossare magliette o
vestiti smanicati. In realtà, dovremmo infischiarcene, e vivremmo
certamente meglio.
Peggio ancora quando decidiamo di comprare un due pezzi nuovo. Ne
vediamo uno carino, che sul manichino pare una meraviglia, ed
entriamo nel negozio. Già se chiediamo la taglia che abbiamo sempre
indossato, quando la commessa ce la fa vedere sul bancone, sembra
minuscola. C'è da dire, infatti, che le taglie dei vestiti di anno
in anno mutano, e tendenzialmente rimpiccioliscono.
Così, se nella nostra testa la M doveva andare più che bene, siamo
costrette a rimediare una L. Con tale taglia di costume entriamo in
cabina, ma nei pochi attimi di tempo che il due pezzi ci ha messo nel
tragitto dalle mani della commessa al camerino, si deve essere
ulteriormente minimizzato.
Nell'ambiente che di solito misura un metro quadrato e dove non si sa
mai dove appoggiare o appendere quello che ci togliamo di dosso, una
luce sadica annulla immediatamente l'entusiasmo con cui si era
entrati nel negozio. Chili e chili di inutile ciccia trasborda da
ogni parte quando si tenta di misurare il costume che nel frattempo è
diventato ancora più piccolo. Una ciccia che, peraltro, a casa non
ci eravamo accorte di avere.
“Come
va?” chiede la commessa fuori dal loculo.
“Ehm,
forse ci vorrebbe una taglia in più...”
“Quella
è la taglia massima, mi spiace!”
Ok, bene. Anche quest'anno la prova costume si dimostrerà il
solito schiaffo al nostro orgoglio di bel donnino. E' d'estate che ci tocca
fare i conti con la più dura delle realtà: il tempo che passa.
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