Disegno di Danilo Paparelli |
Non so perché l'8 marzo sia stato definito la
“festa” delle donne. La data si riferisce ad un fatto
estremamente tragico e luttuoso. Nel 1908 le operaie dell'industria
tessile Cotton di New York scioperarono per protestare contro le
terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero
si protrasse per alcuni giorni, ma l'8 marzo il proprietario bloccò
tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Scoppiò un incendio e le 129 operaie prigioniere all'interno
morirono arse dalle fiamme. Fu Rosa Luxemburg che propose questa
data come una giornata di lotta internazionale, a favore delle donne.
Un giorno, dunque, che non è una festa, ma
un'occasione per riflettere sulla condizione femminile, sebbene nel
corso degli anni, come è successo per tanti altre circostanze, si
sia trasformata in un ennesimo pretesto commerciale e consumistico.
Passando dalla serata tra sole donne, amiche che magari non si vede
da un po' di tempo e con le quali si coglie il pretesto per andare a
cena e “cianciare” di cose stupide ed altre molto più serie,
come piace a noi, per arrivare a quegli squallidissimi spettacoli con
striptease maschili che, secondo il mio parere, sono umilianti per
chi li fa e chi li va a vedere.
Ma le condizioni che ne fecero una giornata di
lotta continuano a sopravvivere, purtroppo, e se siamo fortunate noi
a vivere e a lavorare in un ambiente che possiamo definire sereno e
civile, non è così per altri milioni di donne in tutte le parti del
mondo.
Tanti possono essere i metodi di sopraffazione.
Dalle violenze fisiche a quelle sessuali, alle privazioni materiali a
quelle più sottilmente psicologiche: alle donne non viene fatto
mancare proprio nulla. Ed il dato, statistico, che in Italia ogni tre
morti violente, una riguarda donne uccise da un marito, un convivente
o un fidanzato, è semplicemente spaventoso. Non ci sarebbero invece
dati sufficienti sui maltrattamenti ed il sommerso che, in questo
caso, assumerebbe dimensioni enormi.
Dalla mia esperienza di cronista giudiziaria da
un tribunale di provincia dove, si presume, le donne possano condurre
un'esistenza serena e dignitosa, ebbene, anche qui, i processi per
maltrattamenti e violenze sono veramente tanti. Tanti ma sicuramente
pochi, solo una piccola parte rispetto a quella che è la situazione
reale. Quante donne, infatti, per vergogna, o per paura, non solo per
sé ma anche per i figli, subiscono in silenzio? E se non sono
violenze fisiche, devastanti sono pure quelle psicologiche, magari
subite da un marito o un ex fidanzato che non si rassegna della fine
di una storia.
Le donne, nel corso degli anni, hanno imparato
a non subire e a creare una rete di sostegno per altre donne che
subiscono violenze in famiglia o fuori, nei luoghi di lavoro, e
perfino nei luoghi di divertimento e svago. Il brutto è che non
possiamo mai essere veramente tranquille, nulla è veramente così
come appare: l'uomo più buono del mondo si può trasformare
improvvisamente in un mostro, un essere che non ha più nulla della
persona che si era conosciuta.
Non era mia intenzione elencare qui tutte le
nefandezze cui sono soggette le donne, anche perché ogni area
geografica ne ha di peculiari (vedi la pratica dell'infibulazione
sulle bambine africane). E senza andare troppo lontano, bastano le
ultime tragiche, assurde morti delle donne uccise a Brescia e nel
veronese per mano dei loro uomini negli ultimi giorni. Un fenomeno
che non tende a diminuire, anzi. E anche il fronte della politica pare si stia muovendo: il dipartimento delle Pari Opportunità ha varato, lo scorso anno, un progetto
importante: “gli avvocati che difendono le donne”. Nuovi avvocati
che si specializzeranno nei reati tipici contro le donne dallo
stalking alla tratta in schiavitù.
Certo che se un pregio ce l'ha l'8 marzo, è
quello che per almeno un giorno, a livello mondiale, si discuta, si
rifletta, ci si confronti sulla situazione femminile. Le donne hanno
fatto molta strada, ma molta ne hanno ancora davanti a sé.
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