giovedì 15 maggio 2014

La prima colazione: quando non ci si stanca mai di dire “Ho tanta voglia di tè”


Disegno di Danilo Paparelli
Gli “esperti nutrizionisti” vanno ripetendo da anni che la colazione è il pasto più importante della giornata. Secondo loro, dovremmo metterci lì tutti quanti al mattino, e perdere un 'ora per preparare e mangiare, tranquillamente, senza fretta – altrimenti si digerisce male, quindi sarebbe controproducente – tutta una serie di alimenti salutari.
Cosa che si può provare a fare giusto in vacanza. Per gli altri rimanenti undici mesi, per chi lavora o va a scuola, il momento della colazione risulta essere, quasi per tutti, un veloce ingozzarsi della prima cosa che si trova a portata di mano. Che l'”esperto nutrizionista” provi a dirlo a chi deve prendere il treno alle 7 del mattino, di sedersi a tavola con tutta la famiglia, per godersi una “sana” colazione, con carboidrati, frutti, latte, o tè, yogurt e via dicendo. Pura fantascienza.
Si può tentare qualcosa di simile alla “colazione salutare”, appunto, durante il periodo delle ferie. Ma solo se non si è in albergo. Perché dalla prima colazione “sana” si passa direttamente alla “grande abbuffata”
Sono le colazioni che, nella loro versione migliore, farebbero risuscitare un morto. Personalmente, non riesco a resistere a tutto quel bendidio presentato sotto forma di “colazione continentale”, una sorta di banchetto dove c'è di tutto. Il dolce ed il salato – il mio preferito – in tutte le loro declinazioni. Da bere: tè, caffè, succhi di frutta, cappuccino, cioccolata. E poi, soprattutto, le classiche cose che in qualsiasi altro momento dell'anno non mangerei mai per colazione: bacon, uova strapazzate, salsicciotti, verdure cotte. Meglio ancora se ci sono i panini appena sfornati, ancora tiepidini.
E si raggiunge l'apice del piacere se il tutto è presentato in modo che anche gli occhi ne possano godere. Una bella colazione, ricca, per me è ciò che può portare un valore aggiunto ad un buon albergo.
Che delusione, invece, quando la prima mattina di permanenza in pensione/albergo si raggiunge la sala colazione e ci cade l'occhio su un buffet miserello: qualche croissant, fette biscottate, marmellatine e burrini monoporzione da discount alimentare, sacchettini, sempre monoporzione, di gallette asciutte e secche e succhi di frutta appena spillati dal tetrapack. Una grande fetta della goduria vacanziera che consiste – appunto – nell'abbuffarsi in ore a.m., evapora miseramente. Che poi, tutta questo appetito che ci viene in vacanza, non si ha sempre. Sparisce del tutto quando si hanno 5-10 minuti a disposizione per ingurgitare qualche cosa e buttarsi in tutta fretta fuori di casa.

Un capitolo a sé è da dedicarsi agli amanti della “colazione al bar”. Ce ne sono tantissimi. Per loro, è un rito. Cappuccino e brioche gustati al bar preferito è un piacere della vita irrinunciabile. Nei fine settimana e/o nei giorni lavorativi. Questi ultimi, però, non mi convincono. Non comprendo che piacere si possa trarre dal bere in piedi, in due centimetri quadrati di spazio, con i gomiti di altri addosso che attentato alla vita, un caffè che non si ha nemmeno il tempo di gustare, perché bisogna fare in fretta. Un bel cappuccino ben fatto, invece, centellinato seduti al tavolino, accompagnato da un piattino con dolcetti assortiti, senza l'assillo dell'orologio, è ancora un piacere che, di tanto in tanto, può rendere la vita più “leggera”.

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