Lo so. Non proprio tutte-tutte le donne sono delle collezioniste di
scarpe, ma queste sono comunque una netta minoranza.
Quale sia il motivo per cui ne siamo così spaventosamente attratte,
rimane un mistero. Io stessa non so spiegarmelo. Resta però il fatto
che mi risulta impossibile non fermarmi di fronte ad un negozio di
scarpe ogni qual volta ci passo davanti.
E' una specie di dipendenza. Non è che se già si posseggono cinque
paia di stivaletti marroni – per dire - poi ci possiamo ritenere
soddisfatte. No, non è così. Il periodo durante il quale permane un
certo appagamento è molto breve. Un sesto paio di stivaletti marroni
è già lì pronto ad attenderci impaziente di finire nelle nostre
case.
Avrei bisogno di una casa solo per le scarpe. Non so più dove
metterle. Alcune sono vecchissime e per fortuna quelle sono rimaste
dai miei genitori e non l'ho più viste. Altre invece sono
decisamente meno vecchie ma immettibili perché fatalmente finite
fuori moda, e per noi, maniache seriali, è improponibile una punta
quadrata di questi tempi.
Le scarpe più amate, secondo i sondaggi “inutili” che si trovano
qui e là, sono quelle con il tacco. Slanciano la gamba, rendono più
“donne”, sono “eleganti”. Essendo alta più di un metro e
ottanta, fra le mie centinaia di scarpe mancano decisamente quelle di
questo tipo. Non ne ho mai sentito la necessità, e poi in una coppia
come la mia dove già svetto di qualche centimetro, un ulteriore
aiuto sarebbe di troppo. Un po' di curiosità ce l'avrei anche, ma
non fino al punto di comprarne un paio. Mi limito, per poterne
provare l'ebbrezza per qualche misero minuto, a indossare quelle
esposte nei negozi. Ma come le infilo, quella sensazione di essere
sui trampoli non mi piace per niente. E così opto sempre per il
raso-terra o per i massimo 5-6 centimetri, che già mi fanno
diventare fin troppo stangona.
Le scarpe possono essere un colpo di fulmine: cade
l'occhio su quel sandaletto lì passando di sfuggita davanti ad una
vetrina, ed inizia il travaglio interiore. “Non mi servono, ne ho
già dieci paia praticamente identiche. Però non proprio identiche,
a dire il vero... certo è che con quei soldi mi potrei comprare
qualcos'altro di veramente molto più necessario”, argomentiamo con
noi stesse. Poi, dopo essere andate a vederle altre dieci volte,
entriamo nel negozio, con la speranza che la commessa ci dica che non
c'è più il nostro numero, tanto per stare tranquille con la nostra
coscienza. Quindi, delle due l'una: il numero è finito e ci stiamo
malissimo, o il numero c'è e ci sentiamo felici/in colpa. Colpa che
aumenterà ancora di più se, tornando a casa, ci accorgeremo che
l'altro negozio un po' più in là vendeva dei sandaletti ancora più
desiderabili e magari più economici.
E le scarpe che si sono comprate e non sono mai state indossate? Vuoi
per un motivo o per un altro, ce ne sono alcune che rimangono negli
armadi così come quando sono uscite dal negozio. Non le abbiamo
neanche scartate e tolte dalle veline di protezione. Sono rimaste
cristallizzate nel tempo, e se non sono state indossate fino ad oggi,
difficilmente vedranno la luce fuori dalla loro bara di cartone nel
futuro.
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