venerdì 7 novembre 2014

LA GRANDE GUERRA AL MART DI ROVERETO


Uno splendido biplano inglese SE.5A 1917, simile al velivolo Caproni sul quale D'Annunzio sorvolò Vienna nel 1918 (conservato al Vittoriale degli Italiani), accoglie i visitatori al MART di Rovereto che fino al 20 settembre 2015 dedica una grande esposizione dedicata alla Prima Guerra Mondiale.
Si chiama La guerra che verrà non è la prima citando Bertolt Brecht :"La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente."

L'allestimento, curato dal designer catalano Martí Guixé, accoglie installazioni, disegni, incisioni, fotografie, dipinti, manifesti, cartoline, corrispondenze, diari del passato, reperti bellici  degli anni di guerra, affiancati a opere di artisti contemporanei.  Insomma, un sacco di roba. Prendetevi un bel po' di tempo per la visita. 

L'angoscia già compare nella salita del muso. Scritte sui muri tratte dai diari di trincea (morte-fame-freddo) ti attanagliano, e non ti lasciano più. L'orrore che fu è anche, identico, a quello delle guerre di oggi. La mostra infatti affianca opere del secolo scorso con l'arte contemporanea.
Il disagio più profondo lo si prova visitando le sezioni dedicate alla vita famigliare e domestica. Emozionanti i giocattoli di primo Novecento che al nostro occhio di posteri hanno perso ogni gioiosità, diventati ormai oggetti inquietanti, tristi. NON da bambini.

Grande spazio, come d'obbligo, all'arte Futurista con opere di Giacomo Balla, Anselmo Bucci, Fortunato Depero e Gino Severini.  e di artisti che hanno vissuto il dramma della Grande Guerra in prima persona come  Max Beckmann, Marc Chagall, Albin Egger-Lienz, Adolf Helmberger, Osvaldo Licini, Arturo Martini, Pietro Morando, Mario Sironi.
L'arte contemporanea è rappresentata da Lida Abdul, Enrico Baj, Yael Bartana, Alberto Bregani, Alberto Burri, Alighiero Boetti, Pascal Convert, Gohar Dashti, Berlinde De Bruyckere, Paola De Pietri, Harun Farocki, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Alfredo Jaar, William Kentridge, Mateo Maté, Adi Nes, ORLAN, Sophie Ristelhueber, Thomas Ruff, Anri Sala, Artur Zmijewski. 

Vengono inoltre presentate le produzioni di alcuni artisti poco conosciuti al pubblico italiano come la serie completa delle 15 xilografie di Sandow Birk di oltre due metri e mezzo l’una, che narrano la guerra in Iraq rifacendosi alle 18 xilografie del ciclo Les Grandes Misères de la guerre di Jacques Callot (1633) alle quali si ispirò anche Francisco Goya per la realizzazione dei famosi Desastres de la guerra (1810-1815) sulla Guerra d’indipendenza spagnola. 

Di grande impatto visivo la celebre installazione In Flanders Fields di Berlinde De Bruyckere, manichini di cavalli  nelle pose stravolte della morte, e poi la serie House beautiful: bringing the war home di Martha Rosler, una riflessione sul rapporto fra guerra e media; Atlantic Wall di Magdalena Jetelová, installazione fotografica sui bunker della Seconda Guerra Mondiale, e l’installazione Picnic o il buon soldato di Fabio Mauri,  una sorta di natura morta con reperti bellici e di uso comune.

Poi, usciti dal museo, ci si ritrova in mezzo a quelle montagne che trasudano memoria di poveri uomini mandati a morire nelle condizioni più disumane in quegli anni, 1915-1918, dopo i quali le guerre persero per sempre quella (ipocrita) patina di epicità.

La mostra è un progetto diretto da Cristiana Collu, a cura di Nicoletta Boschiero, Saretto Cincinelli, Gustavo Corni, Gabi Scardi, Camillo Zadra, in collaborazione con esperti di storia e arte contemporanea.




















































































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