sabato 19 aprile 2014

Prima cotta, poi cruda realtà...

Disegno di Danilo Paparelli
 Quando frequentavo le elementari io, le classi erano ancora separate in maschili e femminili. Addirittura le entrate della scuola erano rigidamente separate. Quella grande, centrale, con un largo portone, dalla quale entravano i maschietti, e quella piccola, nella via laterale, da dove entravano e uscivano le femminucce. E poi i maschi avevano maestri maschi, e le femmine maestre femmine, con poche eccezioni.
Le uniche classi miste erano, chissà perché, le cosiddette “differenziali”, ovvero classi che raccoglievano alunni con difficoltà di vario genere: di apprendimento, di disagio sociale, o anche solo quelli troppo vivaci.
Questo per dire che fino agli undici anni le bambine della mia generazione passavano gran parte delle loro giornate in una sorta di apartheid. Le classi maschili e femminili erano dislocate in due ali differenti della scuola. C'era quasi una linea di frontiera che impediva di andare oltre. Inoltre, a quei tempi, non è che si potesse girare liberamente per i corridoi della scuola. Si usciva di classe da sole soltanto per andare in bagno, o perché la maestra faceva portare un foglio, un libro o un quaderno alla maestra di due o tre classi più in là. Quindi i maschietti era quasi come se non esistessero.
Ma negli ultimi anni, quando chi abitava nelle vicinanze della scuola aveva il permesso di tornare a casa da solo, il tratto di strada, breve, poteva essere percorso in compagnia del bambino che usciva dal portone principale. E ce ne erano due di bambini che facevano la mia stessa strada. Uno coi capelli neri, che non ricordo come si chiamava, e l'altro, biondino, Carlo. Ovviamente a me piaceva quello che non mi filava per niente, Carlo, mentre il brunetto, che era decisamente più simpatico con me, non lo avevo minimamente preso in considerazione.
Avevamo nove, dieci anni. Si può parlare di una cotta? Non saprei. A quei tempi si era molto più bambini dei bambini di oggi. Le cose che ora si scoprono a sette o otto anni, allora, forse, venivamo a saperle molto più in là. Quindi tutto restò molto sfumato. Qualche confidenza: a me piace questo, a me piace quello, si potrebbe andare insieme ai giardinetti, o magari fare la merenda insieme.
Ma non successe nulla. Si continuava a fare la strada insieme, io il brunetto e Carlo, e basta.
Carlo non mi invitò mai a mangiare neppure una girella davanti alla TV dei Ragazzi. Non mi offrì neppure un ghiacciolo alla Coca Cola. Non mi imprestò nessun Topolino che io mi ero persa, non mi regalò nessuna sorpresina di quelle che c'erano nei distributori davanti alle latterie. Neanche un “cicles”.
Poi andammo in prima media, dove c'erano finalmente le classi miste. Ma il brunetto e Carlo furono iscritti dai genitori in una scuola diversa dalla mia e, sebbene abitassimo a pochi metri di distanza l'una dagli altri non ci vedemmo più.
Carlo lo incontrai al mare, circa dieci anni dopo. Sempre un bel tipo, ma antipaticissimo.

Il brunetto è sparito per sempre.

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