Disegno di Danilo Paparelli |
Quando frequentavo le elementari io, le classi erano ancora separate
in maschili e femminili. Addirittura le entrate della scuola erano
rigidamente separate. Quella grande, centrale, con un largo portone,
dalla quale entravano i maschietti, e quella piccola, nella via
laterale, da dove entravano e uscivano le femminucce. E poi i maschi
avevano maestri maschi, e le femmine maestre femmine, con poche
eccezioni.
Le uniche classi miste erano, chissà perché, le cosiddette
“differenziali”, ovvero classi che raccoglievano alunni con
difficoltà di vario genere: di apprendimento, di disagio sociale, o
anche solo quelli troppo vivaci.
Questo per dire che fino agli undici anni le bambine della mia
generazione passavano gran parte delle loro giornate in una sorta di
apartheid. Le classi maschili e femminili erano dislocate in due ali
differenti della scuola. C'era quasi una linea di frontiera che
impediva di andare oltre. Inoltre, a quei tempi, non è che si
potesse girare liberamente per i corridoi della scuola. Si usciva di
classe da sole soltanto per andare in bagno, o perché la maestra
faceva portare un foglio, un libro o un quaderno alla maestra di due
o tre classi più in là. Quindi i maschietti era quasi come se non
esistessero.
Ma negli ultimi anni, quando chi abitava nelle vicinanze della scuola
aveva il permesso di tornare a casa da solo, il tratto di strada,
breve, poteva essere percorso in compagnia del bambino che usciva dal
portone principale. E ce ne erano due di bambini che facevano la mia
stessa strada. Uno coi capelli neri, che non ricordo come si
chiamava, e l'altro, biondino, Carlo. Ovviamente a me piaceva quello
che non mi filava per niente, Carlo, mentre il brunetto, che era
decisamente più simpatico con me, non lo avevo minimamente preso in
considerazione.
Avevamo nove, dieci anni. Si può parlare di una cotta? Non saprei. A
quei tempi si era molto più bambini dei bambini di oggi. Le cose che
ora si scoprono a sette o otto anni, allora, forse, venivamo a
saperle molto più in là. Quindi tutto restò molto sfumato. Qualche
confidenza: a me piace questo, a me piace quello, si potrebbe andare
insieme ai giardinetti, o magari fare la merenda insieme.
Ma non successe nulla. Si continuava a fare la strada insieme, io il
brunetto e Carlo, e basta.
Carlo non mi invitò mai a mangiare neppure una girella davanti alla
TV dei Ragazzi. Non mi offrì neppure un ghiacciolo alla Coca Cola.
Non mi imprestò nessun Topolino che io mi ero persa, non mi regalò
nessuna sorpresina di quelle che c'erano nei distributori davanti
alle latterie. Neanche un “cicles”.
Poi andammo in prima media, dove c'erano finalmente le classi miste.
Ma il brunetto e Carlo furono iscritti dai genitori in una scuola
diversa dalla mia e, sebbene abitassimo a pochi metri di distanza
l'una dagli altri non ci vedemmo più.
Carlo lo incontrai al mare, circa dieci anni dopo. Sempre un bel
tipo, ma antipaticissimo.
Il brunetto è sparito per sempre.
Nessun commento:
Posta un commento